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27 Marzo 2024Uno  studio su linee cellulari di topi prospetta un meccanismo che collega l’infarto miocardico (MI) e l’insufficienza cardiaca con un aumento dell’incidenza del cancro. Piccole vescicole extracellulari cardiache (sEVs), in particolare quelle derivate dalle cellule stromali mesenchimali cardiache (cMSC-sEVs), contribuirebbero al legame tra la disfunzione ventricolare sinistra post-MI (LVD) e il cancro. Le sEVs provenienti da cuori post-MI e cMSCs e coltivate sono state testate per gli effetti proneoplastici su diverse linee di cellule tumorali, macrofagi e cellule endoteliali. I cuori post-MI, in particolare le cMSCs, hanno prodotto più sEVs con carico proneoplastico rispetto ai cuori sani. Gli effetti proneoplastici delle cMSC-sEVs sono correlati con i tumori del polmone e del colon più che con le cellule di melanoma e cancro al seno. A  28 giorni, i topi con LVD post-MI hanno sviluppato tumori polmonari più grandi rispetto ai topi di controllo. Il trasferimento di cMSC-sEVs da cuori post-MI ha accelerato la crescita dei tumori polmonari. Il trattamento con spironolattone riduce significativamente la crescita del tumore dopo un MI. Caller T, et al.  Small Extracellular Vesicles From Infarcted and Failing Heart Accelerate Tumor Growth. Circulation. 2024 Mar 15.  [...] Continua a leggere…
10 Marzo 2024Esistono pazienti affetti da depressione che non rispondono a 2 o più farmaci antidepressivi usati consecutivamente. Cosa fare in questi casi? Per rispondere alla domanda è stato effettuato uno studio di fase 3 in cui sono stai reclutati 676 pazienti affetti da depressione resistente. Dopo randomizzazione sono stati trattati con esketamina spray nasale oppure con quetiapina a rilascio prolungato. In entrambi i gruppi i partecipanti assumevano anche un inibitore selettivo del reuptake della serotonina (SSRI) oppure in inibitore del reuptake della serotonina e della noradrenalina (SNRI). L’endpoint primario dello studio era la remissione dei sintomi depressivi valutata mediante lo score MADRS (Montgomery-Åsberg Depression Rating Scale) a 8 settimane. Endpoint secondario era la non recidiva dopo 32 settimane dalla remissione. Una remissione si e’ verificata nel 27,1% del gruppo esketamina e nel 17,6% del gruppo quetiapina (P = 0,003). Dopo 32 settimane una non recidiva si ebbe rispettivamente nel 21,1% e nel 14,1% dei casi. Pertanto gli autori concludono che nella depressione resistente a 2 o più farmaci l’associazione di esketamina spray nasale con un SSRI o un SNRI è superiore all’associazione di quetiapina a rilascio prolungato con un SSRI o un SNRI. L’esketamina dovrebbe quindi essere considerata la prima scelta. Va considerato però il paziente potrebbe non rispondere: nello studio citato circa 2 pazienti su 3 non hanno risposto neppure all’esketamina e questo conferma quanto sia difficile trattare la depressione grave. In questo caso un’alternativa utile è la quetiapina in quanto non è detto che dove un trattamento non è utile non lo possa essere l’altro. Bibliografia Reif A, Bitter I, Buyze J, Cebulla K, Frey R, Fu DJ, Ito T, Kambarov Y, Llorca PM, Oliveira-Maia AJ, Messer T, Mulhern-Haughey S, Rive B, von Holt C, Young AH, Godinov Y; ESCAPE-TRD Investigators. Esketamine Nasal Spray versus Quetiapine for Treatment-Resistant Depression. N Engl J Med. 2023 Oct 5;389(14):1298-1309. doi: 10.1056/NEJMoa2304145. PMID: 37792613. [...] Continua a leggere…
1 Marzo 2024Lo zilebesiran è un nuovo farmaco che si candida al trattamento dell’ipertensione arteriosa e che appartiene agli RNA-interferenti. Lo zilebesiran appartiene a una nuova classe di farmaci detti RNA-interferenti a cui appartiene anche l’inclisiran e di cui questa testata si è già occupata in alcune pillole precedenti . In pratica si tratta di piccoli frammenti di RNA in grado di “silenziare” a livello epatico l’RNA messaggero riducendo la sintesi di determinate proteine. Per esempio l’inclisiran “silenzia” l’RNA messaggero necessario per la sintesi della proteina PCSK9 (proproteina convertasi subtilisina ketina di tipo 9) coinvolta nella degradazione dei recettori per le LDL presenti sulla superficie degli epatociti. Questo comporta una maggior captazione del colesterolo LDL e quindi una riduzione dei suoi livelli plasmatici. Lo zilebesiran agisce, sempre a livello epatico, riducendo la sintesi dell’angiotensinogeno, una glicoproteina che – grazie all’enzima renina – viene convertito in angiotensina I che, a sua volta, per opera dell’enzima ACE (angiotensing converting enzyme) – prodotto in particolare dalle cellule endoteliali dei vasi sanguigni polmonari – viene trasformata in angiotensina II. In uno studio di fase 1 pubblicato nel 2023 dal New England Journal of Medicine sono stati reclutati 107 pazienti ipertesi (età: 18-65 anni) randomizzati a placebo oppure a zilebesiran (dosi crescenti da 10 a 800 mg in singola iniezione sottocutanea). Il follow-up dello studio è stato di 24 settimane. I partecipanti erano sottoposti a esame Holter/24 ore e se i valori pressori non erano controllati era possibile aggiungere altri farmaci antipertensivi. Questa costituiva la parte A dello studio. Nella parte B è stato valutato l’effetto sulla pressione arteriosa di una dose fissa di 800 mg del farmaco in condizioni di basso o elevato introito di sale. Nella parte E, infine, è stato valutato l’effetto sulla pressione arteriosa tramite Holter/24 ore di 800 mg di zilebesiran associato a irbesartan. Nella parte A dello studio si è evidenziato che una singola dose di zilebesiran ≥ 200 mg comportava una riduzione sia della pressione sistolica (> 10 mmHg) che della diastolica (> 5 mmHg) alla 8° settimana. Questi cambiamenti erano persistenti per tutto il ciclo circadiano e fino alla 24° settimana. Nella parte B ed E dello studio si è visto che l’effetto dello zilebesiran risultava attenuato con una elevata introduzione di sale e aumentato con la somministrazione contemporanea di irbesartan. Gli effetti collaterali più frequenti sono state lievi reazioni nel sito di iniezione mentre non si sono verificati casi di ipotensione, iperpotassiemia o peggioramento della funzionalità renale. Dallo studio sono stati esclusi pazienti che avevano un’ipertensione secondaria, che soffrivano di ipotensione ortostatica, con diabete o pregressi eventi cardiovascolari. Più recentemente sono stati pubblicati i risultati dello studio KARDIA-1, un trial di fase 2, in cui sono stati reclutati 394 pazienti affetti da ipertensione lieve o moderata . La pressione sistolica media giornaliera andava da 135 a 160 mmHg. Dopo un washout dai farmaci antipertensivi assunti i partecipanti sono stati randomizzati a placebo oppure a zilebesiran secondo 4 regimi terapeutici (150, 300 o 600 mg per via sottocutanea una volta ogni 6 mesi oppure 300 mg una volta ogni 3 mesi). I partecipanti del gruppo controllo ricevevano una iniezione sottocutanea di placebo ogni 3 mesi. Lo studio ha avuto una durata di 6 mesi. Al 3° mesi la pressione era diminuita mediamente di 7,3 mmHg nel gruppo 150 mg ogni 6 mesi, di 10 mmHg nel gruppo trattato con un’iniezione di 300 mg ogni 3 mesi oppure ogni 6 mesi, di 8,9 mmHg nel ramo che aveva ricevuto 600 mg ogni 6 mesi e di 6,8 mmHg nel gruppo trattato con placebo. Eventi avversi gravi al 6° mese si ebbero nel 3,6% del gruppo trattato con il farmaco rispetto al 6,7% del gruppo placebo. Come si vede da questi due trial lo zilebesiran è efficace nel lungo periodo (fino a 6 mesi), ha un effetto che si mantiene sia di giorno che di notte e può contribuire a favorire la compliance al trattamento antipertensivo bastando una sola iniezione sottocutanea ogni 3-6 mesi. Si tratta quindi di un’opportunità promettente, ma per il momento gli studi hanno arruolato una casistica limitata, sono stati esclusi pazienti con ipertensione grave, con diabete, con pregressi eventi cardiovascolari e gli anziani. Inoltre gli endpoint valutati sono di tipo surrogato (effetto sui valori pressori) e il follow-up è stato breve. Studi futuri su casistica più numerosa e con durata prolungata potranno valutare l’efficacia del farmaco su endpoint clinicamente rilevanti e chiarirne il profilo di sicurezza. Bibliografia 1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=8144 2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=8148 3. Desai AS, Webb DJ, Taubel J et al. Zilebesiran, an RNA Interference therapeutic agent for hypertension. N Engl J Med. 2023; 389:228-38. 4. Bakris GL, Saxena M, Gupta A, et al. RNA Interference With Zilebesiran for Mild to Moderate Hypertension: The KARDIA-1 Randomized Clinical Trial. JAMA. 2024 Feb 16:e240728. doi: 10.1001/jama.2024.0728. [...] Continua a leggere…
3 Novembre 2023In un ampio studio retrospettivo su pazienti affetti da trombosi cerebrale la terapia con anticoagulanti diretti (in prevalenza apixaban) è risultata efficace quanto quella con warfarin ma più sicura sulle emorragie maggiori. Scopo della terapia anticoagulante nei pazienti con trombosi cerebrale è quello di evitare progressioni e recidive che possono provocare gravi conseguenze sia in termini di morbilità che di mortalità e di favorire la ricanalizzazione della trombosi per evitare l’ipertensione endocranica e le sue conseguenze quali papilledema, perdita della vista e fistole arterovenose della dura. Precedenti studi effettuati su un numero limitato di pazienti hanno mostrato che la terapia con anticoagulanti orali è efficace quanto quella con il warfarin nel trattamento della trombosi venosa cerebrale con un minor rischio di insorgenza di eventi avversi. Il presente studio retrospettivo ha considerato un ampio numero di soggetti affetti da trombosi venosa cerebrale che sono stati trattati con nuovi anticoagulanti orali (n 279) (in larga prevalenza apixaban, 66%), con warfarin (n 438) o con entrambi i farmaci (n 128). Il tempo mediano dalla diagnosi alla prima valutazione radiologica è stato di 102 giorni (49-180). Durante un follow-up mediano di 345 giorni (interquartile range, 140–720), sono state osservate 46 recidive di trombosi  (17 trombosi venose periferiche, 27  centrali CVT, 2  sia periferiche che centrali. Sono state inoltre osservate 32 emorragie maggiori (23 intracranianiche e 9 emorragie extracraniche), e 1.84 morti per 100 pazienti anno. tra i 525 pazienti che soddisfacevano i criteri per la valutazione della ricanalizzazione , 192 (36.6%) avevano avuto una ricanalizzazione completa, 253 (48.2%) parziale, e 80 (15.2%) nessuna ricanalizzazione. Non sono state osservate differenze significative per quanto concerne le recidive, la morte o la ricanalizzazione tra gruppo DOAC e gruppo warfarin. mentre è emersa una differenza statisticamente significativa in favore dei DOAC per quanto attiene alle emorragie maggiori (adjusted HR 0.35 (95% CL 0.15-0.82 p<0.002). Pur con le limitazioni di uno studio retrospettivo, gli autori concludono che la terapia con DOAC è un alternativa ragionevole al warfarin nel trattamento dei pazienti con trombosi venosa cerebrale e che si associa ad un minor rischio di emorragie maggiori. Riferimento bibliografico Yaghi S. et al: Stroke. 2022;53:728–738   [...] Continua a leggere…
2 Novembre 2023Talidomide, somministrata per os alla dose di 100 mg o 50 mg al giorno, e’ risultata efficace nel ridurre i sanguinamenti intestinali in soggetti con angiodisplasie del tenue a prezzo di effetti collaterali. Centocinquanta soggetti affetti da angiodisplasia del tenue, confermata mediante enteroscopia o videocapsula, con almeno 4 sanguinamenti nell’anno precedente l’arruolamento, sono stati randomizzati a ricevere 100 mg di talidomide oppure 50 mg di talidomide o placebo per os, in 4 dosi refratte giornaliere. La durata del trattamento e’ stata di 120 giorni. Successivamente i pazienti sono stati osservati per un ulteriore anno. I pazienti che non avevano avuto sanguinamenti nel follow up sono stati seguiti per un ulteriore periodo durato fino ad un nuovo sanguinamento o fino alla conclusione dello studio. I pazienti hanno avuto una buona aderenza al trattamento, superiore al 90 per cento in tutti i gruppi. L’end point primario era la riduzione di almeno il 50 per cento dei sanguinamenti, accertati con ricerca del sangue fecale ogni due settimane e ad ogni episodio clinicamente indicativo di sanguinamento, nel primo anno di follow up. L’obiettivo e’ stato raggiunto nel 68.6% (35 su 51 pazienti) nel gruppo 100-mg, nel 51.0% (25 su 49 pazienti) in quello 50-mg e nel 16.0% (8 su 50 pazienti) in quello placebo (P<0.001). Durante i 4 mesi di trattamento l’incidenza di sanguinamento e’ risultata del 27.5% (14 su 51 pazienti) nel gruppo 100-mg, del 42.9% (21 su 49 pazienti) in quello 50-mg, e del 90.0% (45 su 50 pazienti) in quello placebo. La percentuale di pazienti trasfusi durante il follow-up e’ risultata del 17.6% (9 su 51 pazienti) nel gruppo 100-mg, del 24.5% (12 su 49 pazienti ) in quello 50-mg, e del 62.0% (31 su 50 pazienti) in quello placebo Le ospedalizzazioni per emorragia sono state del 27.5% (14 su 51 pazienti ) nel gruppo 100-mg, del 34.7% (17 su 49 pazienti) in quello 50-mg e del 74.0% (37 su 50 pazienti ) nel gruppo placebo. Eventi avversi sono stati osservati nel 68.6% del gruppo 100-mg (35 su 51), nel 55.1% del gruppo 50-mg (27 su 49), e nel 28.0% del gruppo placebo (14 su 50). Quelli piu’ frequenti sono risultati la stipsi, la dispepsia e il gonfiore intestinale. In tutti i casi si sono risolti senza conseguenze. Gli autori concludono che talidomide alla dose di 100 mg/die e di 50 mg/die e’ efficace nel ridurre i sanguinamenti in soggetti affetti da angiodisplasia intestinale a prezzo di eventi avversi. Riferimento bibliografico Chen H. Et al: N Engl J Med 2023; 389:1649-1659 [...] Continua a leggere…
29 Ottobre 2023Puntare sul Servizio sanitario nazionale conviene. E non solo nel senso che fa bene alla salute delle persone: è un investimento redditizio per l’azienda Italia. Ogni euro di risorse pubbliche investito in sanità ne genera, infatti, quasi due di produzione in valore. Non solo: se l’investimento pro-capite di risorse fosse pari a quello della Germania, si creerebbero 2 milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro, e non limitatamente al settore. A dimostrarlo, il Rapporto Fnomceo-Censis “Il valore economico e sociale del Servizio Sanitario Nazionale – Una Piattaforma fondamentale per il Paese”, che ha studiato gli impatti economici e occupazionali – diretti, indiretti e indotti – della spesa sanitaria pubblica. Il Rapporto è stato presentato oggi a Roma da Francesco Maietta, responsabile area Consumer, mercati privati e istituzioni del Censis nell’ambito del convegno “Valore salute: SSN, volano di progresso del paese”, voluto dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, la Fnomceo, appunto, per celebrare “i 45 anni del Servizio Sanitario Nazionale, un’eccellenza italiana”. A introdurre la presentazione, il Presidente del Censis, Giuseppe De Rita. E che il Servizio sanitario nazionale sia davvero un’eccellenza lo dimostrano i dati: l’Italia è uno dei paesi più longevi al mondo e, anche, quello con una più alta aspettativa di vita senza disabilità. Infatti, l’Italia si colloca al terzo posto della graduatoria Ue per speranza di vita con 82,7 anni dopo Spagna (83,3) e Svezia (83,1); ed è al terzo posto della graduatoria della speranza di vita in buona salute dove registra un valore dell’indicatore pari a 68,1, inferiore solo a quello di Malta (68,7) e Svezia (68,4). “È evidente che la qualità del Servizio sanitario – spiega il Presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – nel lungo periodo, non è estranea al fatto che l’Italia sia un caso di studio per allungamento della speranza di vita e per diffusione della longevità attiva, vale a dire per la diffusione di positive esperienze esistenziali individuali di terza e quarta età, fatte di buona salute e coinvolgimento sociale”. Ma il Servizio sanitario nazionale è molto più che un erogatore di servizi e prestazioni sanitarie, comunque indispensabili al benessere e alla qualità della vita degli italiani. “È un attore primario – aggiunge Anelli – dello sviluppo italiano: le risorse pubbliche destinate alla sanità vanno considerate come investimento e non come spesa, proprio perché hanno un impatto altamente positivo sul piano economico, occupazionale, della innovazione e ricerca e sulla coesione sociale”. “Il Rapporto del Censis – conclude – disegna un affresco originale del Servizio sanitario come pilastro dello sviluppo dell’economia e della società italiana, poiché è un ambito in cui le risorse pubbliche operano come investimenti ad alto impatto su economia, occupazione, ricerca e coesione sociale. Pertanto, la spesa sanitaria pubblica emerge senza ambiguità come investimento sociale sia sulla salute degli italiani che sull’insieme dell’infrastruttura socioeconomica del nostro paese. A questo stadio, è vitale dare corso a quella sorta di promessa maturata nei periodi peggiori dell’emergenza secondo la quale la sanità sarebbe diventata una priorità dell’agenda del paese con finalmente la piena disponibilità delle risorse di cui necessita. Oggi questa è la sfida decisiva, anche perché più risorse pubbliche al Servizio sanitario significa più risorse per il sistema economico e sociale italiano ampiamente inteso”. La quantificazione dell’impatto della spesa sanitaria pubblica sul valore della produzione è stata effettuata ricorrendo a un modello di valutazione fondato sull’analisi dell’interdipendenze settoriali, le tavole input-output di Leontief, determinando il valore economico creato per ciascun euro di spesa pubblica investito nel Servizio sanitario. scarica il rapporto completo  scarica la sintesi del rapporto visualizza le slides [...] Continua a leggere…
20 Ottobre 2023L’aspirina può essere un’alternativa all’eparina a basso peso molecolare nella tromboprofilassi nei pazienti con fratture agli arti trattati chirurgicamente sottoposti a intervento o con una frattura pelvica o acetabolare? Lo studio PREVENT CLOT si è prefisso di rispondere a questo quesito arruolando 12211 pazienti che dovevano sottoporsi ad interventi di chirurgia ortopedica maggiore per eventi fratturativi agli arti inferiori o al bacino dei quali 6101 hanno ricevuto 81 mg di ASA due volte al giorno e 6110 30 mg di enoxaparina due volte al giorno. Lo studio è di non-inferiorità, randomizzato, controllato e multicentrico; condotto presso 21 centri in USA e Canada dal 2017 al 2021. L’età media è stata di 44.6 (±17.8) anni e i pazienti sono risultati prevalentemente di sesso maschile (62.2%). Lo 0.7% aveva storia di tromboembolismo venoso e il 2.5% di patologia oncologica. Meno del 2% assumeva terapia ormonale. In media, i pazienti sono stati trattati per 8.8 giorni durante la degenza e hanno continuato il trattamento per 21 giorni dopo la dimissione. Nell’analisi “intention to treat” per quanto riguarda l’endpoint primario, rappresentato dalla morte per qualsiasi causa a 90 giorni dall’intervento, è risultata di 47 pazienti (0.78%) nel gruppo ASA e 45 (0.73%) nel gruppo eparina. Per quanto concerne gli endpoint secondari, la trombosi venosa profonda (non fatale) è risultata di 8 pazienti in più ogni 1.000 trattati nel gruppo ASA e l’ incidenza di embolia polmonare (non fatale) è stata di 1.49% in entrambi i gruppi. Anche per la morte per embolia polmonare non ci sono state differenze statisticamente significative tra i due gruppi I sanguinamenti sono risultati 6 in meno ogni 1.000 trattati con ASA . Gli autori concludono che nella prevenzione della morte per qualsiasi causa a 90 giorni, la tromboprofilassi con aspirina si è dimostrata non inferiore rispetto a quella con eparina a basso peso molecolare nei pazienti che presentavano un trauma di natura ortopedica. Inoltre, si è osservato un rischio simile di embolia polmonare tra i gruppi, così come nessuna differenza è stata riscontrata nell’ incidenza di sanguinamenti tra coloro che avevano assunto aspirina o eparina a basso peso molecolare. Referenza bibliografica Major Extremity Trauma Research Consortium (METRC):  Aspirin or Low-Molecular-Weight Heparin for Thromboprophylaxis after a Fracture. N Engl J Med 2023; 388:203-13. DOI: 10.1056/NEJMoa2205973 [...] Continua a leggere…
20 Ottobre 2023E’ stata recentemente pubblicata su BMJ Open una rianalisi (1) dei dati di mortalità dello studio FOURIER (2), condotto in 1.242 centri in 49 paesi, è stato sviluppato per supportare l’indicazione di evolocumab nella riduzione del rischio cardiovascolare in prevenzione secondaria, versus placebo sugli outcomes cardiovascolari in 27.564 pazienti trattati con statina con evidenza clinica di aterosclerosi e CLDL > 70 mg/dL. Evolocumab è un anticorpo monoclonale approvato per il trattamento di pazienti che non raggiungono livelli di LDL ottimali con la dose massima tollerata di statina. I risultati pubblicati nel NEJM evidenziano l’efficacia di evolocumab nell’abbassare i livelli di colesterolo e la superiorità verso il placebo nel ridurre gli eventi cardiovascolari. Lo studio FOURIER fu interrotto precocemente, circa 30 mesi prima dei 56 previsti. Dopo una revisione dettagliata dei dati sulla mortalità , i ricercatori hanno riscontrato che la mortalità per infarto del miocardio era maggiore nel gruppo trattato con evolocumab (36 morti), rispetto al gruppo trattato con placebo (27 morti), diversamente da quanto riportato nello studio pubblicato sul NEJM (rispettivamente 25 e 30). È stata inoltre riscontrata una mortalità per insufficienza cardiaca più elevata nel gruppo trattato con evolocumab (31 morti) rispetto a quello trattato con placebo (16 morti; dati non pubblicati). La rianalisi dei dati evidenzia che 360 degli 870 morti (41,4%) registrati durante lo studio, sono stati erroneamente assegnati. Dopo la corretta riassegnazione, gli autori hanno riscontrato che la mortalità era il 20% più alta nel gruppo trattato con evolocumab rispetto al placebo, anziché il 5% come pubblicato nel NEJM nel 2017, sebbene questa differenza non fosse statisticamente significativa. Bibliografia Erviti J, Wright J, Bassett K, et al. Restoring mortality data in the FOURIER cardiovascular outcomes trial of evolocumab in patients with cardiovascular disease: a reanalysis based on regulatory data. BMJ Open 2022;12:e060172. doi: 10.1136/bmjopen-2021-060172 Sabatine MS, Giugliano RP, Keech AC, et al. Evolocumab and clinical outcomes in patients with cardiovascular disease. N Engl J Med Overseas Ed 2017;376:1713–22. doi:10.1056/NEJMoa1615664 [...] Continua a leggere…
19 Ottobre 2023Nel K prostata ad alto rischio di progressione biochimica la terapia combinata con enzalutamide e leuprolide è superiore alla terapia con sola leuprolide o sola enzalutamide sulla sopravvivenza libera da metastasi. Lo studio di fase III ha reclutato 1068 uomini con K prostata ad elevato rischio di progressione di malattia sulla base di un tempo di raddoppio del livello di PSA inferiore od uguale 9 mesi. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere 160 mg die di enzalutamide e leuprolide ogni 12 settimane oppure solo leuprolide e placebo o solo enzalutamide e placebo. L’end point primario era la sopravvivenza libera da metastasi. La durata mediana di follow up è stata di 5 anni. RISULTATI A 5 anni, la sopravvivenza libera da metastasi è stata del 87.3% (95% confidence interval , 83.0 to 90.6) nel gruppo enzalutamide leuprolide, 71.4% (95% CI, 65.7 to 76.3) nel gruppo trattato con sola leuprolide e 80.0% (95% CI, 75.0 to 84.1) nel gruppo trattato con sola enzalutamide. Non sono stati osservati eventi avversi significativamente diversi tra i gruppi e anche le valutazioni sulla qualità di vita sono risultate non significativamente diverse. CONCLUSIONI Negli uomini affetti da K prostata ad alto rischio di recidiva biochimica la combinazione enzalutamide e leuprolide è risultata superiore ai due singoli farmaci in termini di sopravvivenza libera da metastasi senza aumento del rischio di eventi avversi o variazioni nella qualità della vita. BIBLIOGRAFIA Freedland F.J. et al.: Improved Outcomes with Enzalutamide in Biochemically Recurrent Prostate CancerN Engl J Med 2023; 389:1453-1465 DOI: 10.1056/NEJMoa2303974 [...] Continua a leggere…
1 Ottobre 2023La retatrutide è un agonista recettoriale a tripla azione studiato nel trattamento della obesità. La molecola e’ un agonista recettoriale del GLP1, del polipeptide insulinotropo glucosio-dipendente e del glucagone. In uno studio di fase 2 su 338 obesi retatrutide e’ stato somministrato, a dosi da 1 a 12 mg, una volta alla settimana e confrontato con placebo. L’obiettivo primario era la variazione del peso a 24 settimane rispetto a quello misurato all’inizio dello studio. E’ stata osservata una riduzione media del peso dal 7 al 12 per cento a 24 settimane e del 8,7 al 24 per cento a 48 settimane, a seconda della dose di farmaco somministrata. Nel gruppo placebo la riduzione media del peso è stata pari al 1,6 per cento a 24 settimane. Gli eventi avversi più comuni sono stati a carico dell’apparato gastroenterico di entità lieve moderata. E’ stato osservato  un incremento dose correlato della frequenza cardiaca con un picco massimo alla ventiquattresima settimana con successiva riduzione. Gli autori concludono che retatrutide induce una significativa riduzione del peso corporeo in adulti obesi. Bibliografia 1) Jastreboff A. M. Et al.: New Engl J Med 2023; 389:514-526 [...] Continua a leggere…
27 Settembre 2023Aifa approva vaccino di Takeda Qdengua che e’ è strutturato sulla base del sierotipo 2 del virus della Dengue (DENV-2), e che tramite la tecnologia ricombinante è in grado di garantire l’immunizzazione contro tutti e quattro i sierotipi del virus Dengue. In Italia, TAK-003 è indicato per la prevenzione della malattia da Dengue causata da uno qualsiasi dei quattro sierotipi di virus Dengue, è inoculabile in soggetti a partire dai 4 anni di età e deve essere somministrato per via sottocutanea con dose da 0,5 mL in uno schema a due dosi (0 e 3 mesi) secondo il regime di dosaggio approvato. Sono sufficienti 2 dosi per raggiungere l’immunizzazione. La vaccinazione con questo vaccino, per motivi di turismo e/o di lavoro verso le aree tropicali e subtropicali del mondo dove la Dengue è endemica, una volta messo a disposizione nelle varie Regioni previa acquisizione dalle stesse, potrà avvenire nei centri autorizzati all’ effettuazione del vaccino della febbre gialla e delle vaccinazioni contro le malattie quarantenarie e al rilascio del relativo certificato ad uso internazionale su specifico modello OMS. Il vaccino è risultato generalmente ben tollerato, senza alcuna evidenza di aumento delle ospedalizzazioni dovute a Dengue grave nei soggetti che avevano ricevuto TAK-003, indipendentemente dallo stato sierologico, e nello studio TIDES non sono stati identificati rischi importanti per la sicurezza a lungo termine. Fonte: 1) https://www.thewatcherpost.it/salute/dengue-anche-litalia-ha-il-suo-vaccino-ecco-lapprovazione-dellaifa/ Bibliografia 1) Rivera L. Et al. Clin Infect Dis 2022 75: 107-117 [...] Continua a leggere…
21 Settembre 2023La semaglutide è utile nei pazienti con obesità e scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata non diabetici. Lo studio STEP-HFpHF ha arruolato 529 pazienti con un indice di massa corporea (BMI) >/= 30 affetti da scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata ma senza diabete che sono stati randomizzati a semaglutide (2,5 mg una volta alla settimana) oppure placebo. I due end-point primari erano rappresentati dalla valutazione dei sintomi secondo lo score KCQ-CSS e dai cambiamenti del BMI. Endpoint secondari comprendevano i cambiamenti nella distanza percorsa in 6 minuti, il decesso, gli eventi correlati allo scompenso cardiaco nei cambiamenti nei livelli di PCR. I pazienti trattati con semaglutide hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo dei sintomi rispetto al placebo, una maggior riduzione del peso corporeo, un aumento della distanza percorsa nel test dei 6 minuti di cammino, una maggior riduzione dei livelli di proteina C reattiva (PCR). Eventi avversi seri sono stati riportati nel 13,3% del gruppo semaglutide e nel 26,7% del gruppo placebo. La semaglutide si propone quindi come un farmaco da affiancare a dapagliflozin ed empagliflozin che già si sono dimostrati utili nello scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata . Recentemente sono stati resi noti anche i risultati del trial, anticipati dalla ditta produttrice delle semaglutide , in cui sono stati arruolati oltre 17.000 pazienti con sovrappeso oppure obesità, senza diabete e con diagnosi di patologie cardiovascolari. L’endpoint primario era composto da morte cardiovascolare, infarto e ictus non fatali. I pazienti trattati con semaglutide hanno mostrato una riduzione dell’endpoint primario del 20% rispetto a quelli trattati con placebo. Presi insieme i risultati di questi studi propongono la semaglutide come farmaco utile in una vasta categoria di pazienti obesi, diabeti e non diabetici, con pregresse patologie cardiovascolari o con scompenso cardiaco indipendentemente dal valore della frazione di eiezione. Bibliografia 1. Kosiborod MN et al. for the STEP-HFpEF trial Committees and Investigators. Semaglutide in Patients with Heart Failure with Preserved Ejection Fraction and Obesity. N Engl J Med 2023 Aug 25; DOI: 10-1056/NEJMoa2306963 2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7739 3. http://ww.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7917 4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7739. 5. http://novonordisk.com/news-and-media/news-and-ir-materials/news-details.html?id=166301 [...] Continua a leggere…
17 Settembre 2023Questi i risultati di un ampio studio cinese Le ondate di calore potenziano l’effetto dell’inquinamento atmosferico mediante una azione sinergica del calore con le particelle atmosferiche inquinanti PM 2,5. Lo dimostra uno studio effettuato da ricercatori cinesi nella provincia di Jiangsu esaminando nell’arco di 5 anni( dal 2015 al 2020) ben 202678 soggetti deceduti per infarto del miocardio, utilizzando la metodica Case-Crossover (nella quale i soggetti malati vengono utilizzati in diverse fasi della ricerca quali controllo di se stessi). Lo studio è stato commentato positivamente in un editoriale della rivista Circulation. Secondo i ricercatori cinesi il 2,8% delle morti per infarto miocardico nella popolazione esaminata sarebbero attribuibili alla deleteria azione dell’aumento delle temperature ambientali e dell’inquinamento atmosferico, rilevato e monitorato attraverso l’indicatore della concentrazione dei PM 2,5 nell’aria. L’aumento di mortalità interesserebbe le fasce più anziane di popolazione e le donne maggiormente rispetto agli uomini. I periodi di freddo, pur registrando livelli elevati di inquinamento atmosferico, non comporterebbero un aumento significativo di mortalità per infarto del miocardio. Il livello critico dei PM 2,5 al di sopra del quale sembra accertato l’aumento di mortalità per infarto secondo i ricercatori è di 37,5 microgrammi per metro cubo di aria. Bibliografia 1) Ruijun Xu,Suli Huang et Al.: Extreme Temperature Events, Fine Particulate Matter, and Myocardial Infarction Mortality . Circulation. 2023;148:312–323 [...] Continua a leggere…
17 Settembre 2023Il sistema è stato testato come strumento per supportare il paziente nella interpretazione dei risultati degli esami di laboratorio. E’ di esperienza quotidiana la difficoltà delle persone a comprendere le risposte degli esami e la sempre maggiore tendenza a ricercare le informazioni su internet, tanto che è stato coniato il termine Dr. Google. La disponibilità di un software validato a cui chiedere spiegazione in prima istanza con parole semplici potrebbe essere sicuramente utile. Il gruppo di lavoro sull’intelligenza artificiale (WG-AI) della Federazione europea di chimica clinica e medicina di laboratorio (EFLM) ha testato l’efficacia del sistema di Ai nell’eseguire questo compito. I ricercatori hanno dapprima stabilito i parametri di laboratorio da utilizzare poi definito 10 scenari clinici simulati ma “realistici” e li hanno sottoposti a ChatGPT, il sistema di intelligenza artificiale (IA) che da diversi mesi abbiamo iniziato a conoscere per le sue grandi potenzialità in ogni campo della medicina. Lo strumento è stato in grado di riconoscere tutti i test di laboratorio, evidenziare i risultati anormali e fornire una interpretazione complessiva, peraltro superficiale, non sempre corretta e, solo in alcuni casi, valutata in maniera coerente. In pratica il sistema, nella sua forma attuale, non essendo specificatamente addestrato su dati medici o di laboratorio in particolare, può soltanto interpretare un singolo referto di laboratorio, ma non un quadro diagnostico nel suo complesso. ChatGPT è risultato sicuro, nel senso che evita di dare raccomandazioni sbagliate, ma nel complesso di scarsa utilità clinica, perché i suggerimenti forniti non hanno la qualità di quelli dei medici e sollevano il paziente dal bisogno di rivolgersi a loro solo nei casi più semplici. Gli autori fanno l’esempio di alcune risposte come: “l’ematocrito è basso, ciò suggerisce che la proporzione di volume ematico composta da globuli rossi è più bassa del normale” oppure: “il glucosio è basso, ciò potrebbe indicare ipoglicemia”. Queste frasi sono sicuramente corrette, rilevanti e sicure ma non veramente utili. Secondo i ricercatori questi strumenti non sono ancora pronti per una valida implementazione, ma le generazioni future di IA simili, addestrate con dati di qualità, potranno rivoluzionare la pratica medica. Bibliografia Cadamuro J, Cabitza F, Debeljak Z et al. Potentials and pitfalls of ChatGPT and natural-language artificial intelligence models for the understanding of laboratory medicine test results. An assessment by the European Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine (EFLM) Working Group on Artificial Intelligence (WG-AI). Clin Chem Lab Med 2023; 61(7): 1158-1166 [...] Continua a leggere…
15 Settembre 2023Secondo le linee guida dell’European Society of Cardiology nei pazienti diabetici ad elevato rischio cardiovascolare si dovrebbe prescrivere l’associazione tra un SGLT-2 inibitore e un GLP-1 agonista.La Società Europea di Cardiologia (ESC) ha emanato le nuove linee guida sul trattamento del paziente diabetico ad elevato rischio cardiovascolare .In questi casi le linee guida 2023 dell’American Diabetes Association consigliano di associare alla metformina un SGLT-2 inibitore (cosiddette gliflozine: dapagliflozin, empagliflozin, canagliflozin) oppure un agonista del GLP-1 ( semaglutide, liraglutide, dulaglutide, lixesenatide, exenatide) e di passare a una loro associazione se non si raggiunge il target glicemico desiderato . Secondo la ESC, invece, in questi pazienti, le due categorie di farmaci vanno usate all’inizio insieme contemporaneamente. E questo indipendentemente dai livelli basali della glicemia, dal target di emoglobina glicata e dalla terapia già instaurata. Secondo la ESC tale raccomandazione è motivata dal fatto che le due classi di farmaci, hanno un’azione, almeno in parte additiva, nel produrre benefici cardiovascolari che sono indipendenti dall’effetto ipoglicemizzante.Inoltre le nuove linee guida consigliano si utilizzare un SGLT-2 inibitore, indipendentemente dai livelli di glicemia e degli altri farmaci usati nei pazienti con diabete e scompenso cardiaco e in quelli con nefropatia cronica. Nei pazienti senza scompenso cardiaco, nefropatia cronica o cardiopatia nota si consiglia di usare un calcolatore del rischio cardiovascolare denominato SCORE2-Diabetes Risk Estimator che calcola il rischio di eventi cardiovascolari a 10 anni. I parametri considerati sono l’età, il sesso, la pressione arteriosa sistolica, il fumo, la colesterolemia, l’età in cui è stato diagnosticato il diabete, i livelli di emoglobina glicata e la stima del filtrato glomerulare. In questo modo si potranno individuare i pazienti a maggior rischio che necessitano di un trattamento intensivo. I pazienti con un rischio fino al 9% potranno essere trattati solo con metformina, quelli con un rischio maggiore con metformina associata a un SGLT-1 inibitore o un GLP-1 agonista o, se ad alto rischio, con la triplice associazione.Può essere usata una app, denominata ESC CVD Risk Calculation, reperibile sia nei vari store.Bibliografia1. Marx N et al. 2023 ESC Guidelines for management of cardiovascular disease in patients with diabetes: Developed by the task force on the management of cardiovascular disease in patients with diabetes of the European Society of Cardiology (ESC). European Heart Journal. 25 August 2023. https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehad192.2. American Diabetes Association. Standard of Medical care in Diabetes – 2023. Diabetes Care. Volume 46, Issue Supplement_1. January 2023. [...] Continua a leggere…